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Modifiche al D.Lgs. 81/08 recepite nel Decreto 146/2021

La PRINCIPALE NOVITA’ prevede che il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale scatterà in tutti i casi di “gravi violazioni di prevenzione” – senza necessità che l’azienda sia recidiva, come avviene oggi – e quando venga riscontrato “almeno il 10%” di lavoratori in nero sul luogo di lavoro, contro il 20% attuale (Sotto la soglia del 10% continueranno ovviamente ad applicarsi le sanzioni pecuniarie, crescenti al crescere dell’anzianità lavorativa dei dipendenti in nero. Per tutto il periodo di sospensione l’azienda non potrà contrattare con la pubblica amministrazione).

Le gravi violazioni di prevenzione che comporteranno automaticamente la sospensione delle attività sono individuate all’allegato I:

  • Violazioni che espongono a rischi di carattere generale:
    • Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi;
    • Mancata elaborazione del piano di Emergenza ed evacuazione;
    • Mancata formazione ed addestramento;
    • Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile;
    • Mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC)
    • Mancata elaborazione del piano operativo di sicurezza (POS);
    • Mancata nomina del coordinatore per la progettazione
    • Mancata nomina del coordinatore per l’esecuzione
  • Violazioni che espongono al rischio di caduta dall’alto:
    • Mancato utilizzo della cintura di sicurezza
    • Mancanza di protezioni verso il vuoto
  • Violazioni che espongono al rischio di seppellimento:
    • Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno
  • Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione:
    • Lavori in prossimità di linee elettriche
    • Presenza di conduttori nudi in tensione
    • Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale)
  • Violazioni che espongono al rischio d’amianto:
    • Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.

Il provvedimento di sospensione dell’attività sarà revocato solo dopo la regolarizzazione dei lavoratori in nero, il ripristino delle condizioni di sicurezza.

CON

il pagamento di una somma aggiuntiva che sale da 2.500 a 5mila euro se i lavoratori irregolari sono più di cinque e ulteriori somme aggiuntive se vengono riscontrate specifiche violazioni, quelle che più di frequente sfociano in incidenti mortali.

Tutte le somme aggiuntive sono raddoppiate se nei cinque anni precedenti la stessa impresa è già stata sospesa per violazioni. Gli introiti derivanti dalle sanzioni andranno a integrare un apposito capitolo di bilancio dell’Ispettorato, per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro. Chi non rispetta il provvedimento di sospensione è punito con l’arresto fino a sei mesi se ha violato la normativa su salute e sicurezza e con l’arresto da tre a sei mesi o un‘ammenda da 2.500 a 6.400 euro in caso di lavoro nero.

Inoltre passando da 1000 a 6000 unità la dotazione di organico degli Enti di controllo.

Europrogetti può supportarvi nella verifica del rispetto degli adempimenti, per qualsiasi informazione contattateci senza impegno scrivendo una email a: s.scendrate@europrogetti.eu

L’UE accelera sulla carbon border tax per prevenire dumping climatico

La carbon border tax? E’ “essenziale” per proteggere l’industria europea dal dumping climatico. E si applicherà a tappeto. Come evitarla? I paesi dovranno aggiornare i loro impegni sul clima. Frans Timmermans traccia il perimetro della nuova politica europea sulla tassa doganale legata alle emissioni. Anticipando il nocciolo del provvedimento che, insieme al resto del pacchetto di leggi sul clima, dovrebbe vedere la luce entro la metà di quest’anno.
Il vice presidente della Commissione UE con delega al clima è stato molto chiaro. Nei mesi passati, la carbon border tax dell’Unione Europea è stata materia di dibattito. E ha increspato le relazioni con diversi paesi, tutt’altro che propensi a vedersi penalizzare nel commercio a causa della politica climatica UE. Su tutti la Cina, che però dopo un braccio di ferro con Bruxelles, fatto di minacce e contro minacce, sembra essersi arresa all’inevitabile. Ma il tema è saltato fuori anche nei negoziati per la Brexit e il dossier è sul tavolo in tutti gli incontri sui trattati commerciali internazionali.
“È una questione di sopravvivenza della nostra industria. Quindi, se altri non si muoveranno nella stessa direzione, dovremo proteggere l’Unione Europea dalla distorsione della concorrenza e dal rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”, ha puntualizzato Timmermans ieri.
D’altronde l’UE non ha molta scelta. Alzare l’ambizione climatica significa accelerare la transizione energetica e imporre un cambio di passo all’intero sistema produttivo. Questo processo costa, e in regime di libero mercato la concorrenza strangolerebbe il tentativo nella culla. La ‘mano invisibile’ non è per niente verde. E il rischio di delocalizzazione, cioè lo smantellamento del tessuto industriale europeo, è una prospettiva concreta. Il correttivo – la carbon border tax, appunto – è un’arma doppia: riequilibra la concorrenza e permette a Bruxelles di promuovere un cambiamento nella politica climatica globale.
Ma Timmermans fa capire che l’ipotesi carbon border tax può, appunto, restare solo un’ipotesi. A livello globale, l’industria è sotto pressione per intensificare l’azione per il clima in vista della COP26 di Glasgow, a novembre. Data che è il termine ultimo per quasi 200 paesi per impegnarsi a ridurre le emissioni. Se l’incontro non dà i risultati sperati, l’UE proseguirà con misure unilaterali sulla tassa, ha spiegato Timmermans.

19-23 ottobre 2020: Settimana europea per la salute e la sicurezza sul lavoro

La Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro segna il varo ufficiale della campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico», che rivolge la propria attenzione ai disturbi muscolo-scheletrici. l messaggio di queste campagne è chiaro: «la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro riguardano tutti. Un bene per te. Un bene per l’azienda.»

Si tratta delle maggiori campagne nel loro genere a livello mondiale e ognuna di esse presenta un tema ben definito: tra le tematiche delle campagne passate si annoverano la promozione della valutazione dei rischi e della prevenzione, la sensibilizzazione del lavoro sostenibile e la protezione dei lavoratori dalle sostanze pericolose. Rivolgono inoltre una particolare attenzione alle piccole e medie imprese e alle categorie di lavoratori vulnerabili, con l’obiettivo di raggiungere coloro che maggiormente necessitano di aiuto.

Ogni campagna è corredata da materiali promozionali e informativi, nonché da eventi e iniziative di sensibilizzazione. Tra le iniziative faro si annoverano eventi per lo scambio di buone prassi e i premi per le buone pratiche nell’ambito della campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri», la Settimana europea per la salute e la sicurezza sul lavoro, il vertice della campagna e il premio cinematografico «Ambienti di lavoro sani e sicuri».

In che modo l’EU-OSHA diffonde i messaggi delle campagne tra le imprese? Per promuovere la campagna e il relativo materiale l’EU-OSHA si affida alla propria vasta rete di punti focali nazionali, di partner ufficiali delle campagne, di partner mediatici e sociali nonché altri intermediari e partecipa attivamente a eventi. La collaborazione efficace con la rete di partner è, infatti, fondamentale per consentire un vero cambiamento nei luoghi di lavoro e costituisce la chiave del successo delle iniziative della campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri».

Le attività che si svolgeranno durante la Settimana europea, tra cui si annoverano conferenze, proiezioni di film, mostre e concorsi, metteranno la SSL sotto i riflettori.
fonte: https://healthy-workplaces.eu/it/

Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione

Dal 26 settembre al 4 ottobre 2020 si svolgerà la Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione, promossa da ANBI, Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue. Il tema di quest’anno è “la sostenibilità sociale, economica ed ambientale nell’utilizzo della risorsa acqua”.
L’Associazione Irrigazione Est Sesia, sabato 26 settembre, da inizio alla Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione 2020 con “A SPASSO CON LA DAMA”, una lezione itinerante tra acque e ruote organizzata al mulino di Mora Bassa di Vigevano in collaborazione con l’Associazione Culturale “La città ideale”. Le visite guidate al mulino della “Dama con l’ermellino” saranno in costume d’epoca e si svolgeranno nei seguenti orari: 14:30, 15:30 e 16:30. Per i bambini presenti è previsto un laboratorio didattico alla scoperta dei progetti di Leonardo da Vinci.
La seconda iniziativa ha come protagonisti i cittadini; questa volta non sarà Est Sesia a promuovere visite nel territorio, individuando canali e ambienti d’acqua unici nelle terre del riso, ma sarà il pubblico stesso, che cimentandosi nella fotografia si farà promotore di paesaggi d’acqua inediti. Dal 26 settembre 2020 fino al 4 ottobre, sarà possibile partecipare a “SCOPRI LE ACQUE CON UN CLICK”: basta inviare una fotografia dei canali, delle loro architetture alla mail stampa@estsesia.it Est Sesia si occuperà della condivisione degli scatti sui propri canali Social. Gli scatti selezionati riceveranno un riconoscimento.
Mario Fossati, Direttore Generale dell’Associazione Irrigazione Est Sesia afferma: “In questo 2020 molto particolare Est Sesia vuole tenere vivo l’interesse per il territorio, avvicinando le persone alle bellezze delle “cattedrali d’acqua” nel paesaggio irriguo con un’iniziativa alla portata di un clik per fronteggiare in totale sicurezza e serenità l’emergenza Covid-19, e con una visita un po’ particolare alla scoperta di un luogo unico come l’ecomuseo del mulino di Ludovico il Moro”

L’obiettivo è proprio quello di coinvolgere la società civile, cogliendo l’occasione per far conoscere i Consorzi di bonifica e d’irrigazione, comprendendo il ruolo e l’importanza dell’ininterrotta attività svolta da tali enti, fondamentale per l’agricoltura e per la salvaguardia dell’ambiente.
fonte: http://www.estsesia.it

Settimana europea della mobilità sostenibile 16-22 Settembre 2020

La Settimana Europea della Mobilità, giunta quest’anno alla 19a edizione, è ormai diventata un appuntamento fisso e irrinunciabile per tutte le amministrazioni e per tutti i cittadini che si vogliono impegnare sulla strada della sostenibilità e del miglioramento della qualità della vita delle nostre città. Ogni anno, dal 16 al 22 settembre, migliaia di città e milioni di cittadini europei festeggiano la mobilità sostenibile e lanciano un messaggio di cambiamento e di rinnovamento dei nostri stili di vita. Al fine di incentivare l’adesione e la partecipazione all’evento, ogni anno la Settimana Europea della Mobilità si concentra su un particolare argomento relativo alla mobilità sostenibile, sulla cui base le autorità locali sono invitate a organizzare attività per i propri cittadini e a lanciare e promuovere misure permanenti a sostegno.
Il tema dell’edizione 2020 della Settimana della Mobilità è “Emissioni zero, mobilità per tutti” e riflette l’ambizioso obiettivo di un continente che punta a diventare “carbon neutral” entro il 2050, così come dichiarato da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, alla presentazione del Green Deal europeo. Il tema “Emissioni zero, mobilità per tutti” mira a sottolineare l’importanza dell’accessibilità al trasporto a emissioni zero e a promuovere un quadro inclusivo che coinvolga tutta la cittadinanza, attraverso l’adozione di misure che promuovano un ambiente urbano inclusivo e privo di emissioni di carbonio. Pertanto, la Settimana della Mobilità 2020 incoraggia cittadini e autorità locali a prendere iniziative per raggiungere l’obiettivo a lungo termine di un continente a emissioni zero.
Le città che promuovono sistemi di mobilità puliti e inclusivi sono più attraenti, con meno traffico e una migliore qualità della vita. Registrarsi è facile e veloce e permetterà a ogni città di unirsi idealmente a tutte le migliaia di città in tutto il mondo che condividono l’iniziativa: è possibile farlo a questo link, con pochi e rapidi passaggi. Il Ministero dell’Ambiente aderisce anche quest’anno alla Settimana Europea della Mobilità e coordina e supporta le iniziative e gli eventi organizzati da Comuni e associazioni. Come ogni anno, l’obiettivo è quello di confermare l’Italia tra i Paesi leader con il maggior numero di adesioni a livello europeo.
Come ogni anno la Settimana Europea della Mobilità costituirà, per la cittadinanza e per le amministrazioni locali, un’occasione e una vetrina irrinunciabile per attivarsi in un processo, necessario, irrinunciabile e ormai avviato, di miglioramento della mobilità urbana nella direzione della sostenibilità ambientale unita alla crescita economica locale e alla qualità della vita delle città.
Per ulteriori informazioni e per adesioni alla Settimana Europea della Mobilità è possibile visitare il sito internet www.mobilityweek.eu ; in particolare, nella sezione “Useful Resources” sono disponibili strumenti utili per la comunicazione e la realizzazione di iniziative prima e durante la Settimana.

La città di Novara organizza le seguenti attività:

16 Settembre – Spesa in bicicletta Percorso organizzato lungo gli assi commerciali del centro con Legambiente – FIAB – Novara Green
17 Settembre – Convegno “Mobilità e Trasporti Sostenibili”
19 Settembre – Itinerario per le vie del centro storico di Novara con la scuola Nordic Wolking Novara
20 Settembre – Novara a 6 zampe – Passeggiata didattica urbana con gli istruttori cinofili GoGoDog
22 Settembre – Giretto d’Italia 2020 – Bike to Work

In occasione della giornata del 22 Settembre Europrogetti aderirà a Bike to work, incentivando l’uso della bicicletta per i propri collaboratori

fonte: minambiente.it

infortuni e malattie professionali del primo semestre 2020

Sul sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di giugno 2020 con i confronti “di mese” e “di periodo”.

I dati dei primi sei mesi del 2020 e del 2019 sono da ritenersi poco significativo per due motivi: la sospensione su tutto il territorio nazionale, a partire da marzo, di ogni attività produttiva considerata non necessaria, che si sta rivelando determinante per il calo delle denunce d’infortunio in complesso, e l’inclusione, a partire dalla rilevazione dello stesso mese, delle denunce di infortunio relative alle infezioni da Covid-19 avvenute nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa e in itinere, alle quali sono dedicati specifici comunicati, che sta avendo un impatto significativo nell’aumento dei decessi registrati in questa prima parte dell’anno, i cui effetti si potranno però valutare solo a consolidamento nei prossimi mesi.

I dati rilevati al 30 giugno di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un decremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 276.043 a 217.695 (-21,1%), sia di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, che hanno fatto registrare un calo del 43,1%, da 47.788 a 27.201. Il confronto tra il quadrimestre marzo-giugno 2020 e l’analogo quadrimestre del 2019 documenta come le diminuzioni siano molto più marcate, pari rispettivamente al -30,0% e al -62,6%.

Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati nei primi sei mesi del 2020 è diminuito del 14,2% nella gestione Industria e servizi (dai 243.591 casi del 2019 ai 209.118 del 2020), del 23,1% in Agricoltura (da 15.694 a 12.068) e del 63,3% nel conto Stato (da 64.546 a 23.710).

Come era attendibile, in controtendenza rispetto all’andamento degli altri settori economici, il settore Ateco “Sanità e assistenza sociale” ha registrato un forte incremento delle denunce di infortunio in occasione di lavoro: +171% su base semestrale (da 13mila a 35mila casi) e +255% su base quadrimestrale (marzo-giugno 2020 vs marzo-giugno 2019), passando dagli oltre 8.500 casi registrati nel periodo marzo-giugno 2019 agli oltre 30mila del quadrimestre marzo-giugno 2020 (oltre tre denunce su quattro riguardano il contagio da Covid-19), con un aumento di quasi il 500% nel solo bimestre marzo-aprile 2020/2019.

Al 30 giugno di quest’anno risultano quattro incidenti plurimi avvenuti nei primi sei mesi, per un totale di otto decessi: il primo in gennaio, costato la vita a due lavoratori vittime di un incidente stradale a Grosseto, il secondo in febbraio, con due macchinisti morti nel deragliamento ferroviario avvenuto in provincia di Lodi, il terzo in marzo, con due vittime in un incidente stradale in provincia di Torino e l’ultimo in giugno, con due operai travolti dal crollo di un muro a Napoli. Lo scorso anno, invece, gli incidenti plurimi avvenuti tra gennaio e giugno erano stati nove, con 18 casi mortali denunciati (16 dei quali stradali).

Clima, la crisi da Covid-19 ha tagliato le emissioni italiane del 17%

Ancora una volta dove non arriva la politica industriale ci pensa – in modo assai più distruttivo – una crisi economica a tagliare le emissioni di gas serra italiane, e stavolta la batosta è stata molto dura: l’Enea nella sua ultima Analisi trimestrale del sistema energetico italiano documenta cali «senza precedenti».
Nel II trimestre 2020 i consumi di energia sono calati del 22% rispetto al 2019, mentre su base semestrale il dato si ferma a -14%. «E anche nell’ipotesi ottimistica di un ritorno alla normalità nella seconda parte dell’anno, a fine 2020 la flessione sarà probabilmente superiore al record negativo del 2009 (-6%), spiega Francesco Gracceva, il ricercatore Enea che ha curato l’Analisi.
In compenso il forte calo dei consumi di energia elettrica (-13%) ha accresciuto il ‘peso’ delle fonti rinnovabili – forti anche della priorità di dispacciamento – che nel mese di maggio hanno soddisfatto oltre il 50% della domanda di elettricità «raggiungendo un nuovo massimo storico».
Un dato che a sua volta è collegato a quello sulle emissioni: nel II trimestre quelle di CO2 del sistema energetico sono stimate in calo del 26%, mentre guardando al primo semestre si arriva a circa il -17% (oltre 28 MtCO2 in meno). Cali in entrambi i casi cali superiori a quello dei consumi di energia, perché quest’ultimo si è concentrato sulle fonti fossili, e tra queste su quelle a maggiore intensità carbonica (carbone e petrolio).
Tuttavia, se per l’economia (come per l’incremento di povertà e disuguaglianze sociali legato alla crisi) non c’è da festeggiare, anche il clima non ringrazia. Le stime preliminari evidenziano che a luglio i consumi di energia sono già in sensibile aumento – si stima un calo rispetto a luglio 2019 inferiore al 10%, in ripresa rispetto al -15% stimato per giugno – e questo senza una transizione ecologica si tradurrà inevitabilmente in un’accelerata delle emissioni.
In questi mesi infatti «circa 2/3 della riduzione delle emissioni – documenta l’Enea – è spiegata dal crollo della domanda di energia, sebbene un ruolo significativo lo abbiano avuto anche l’accelerazione della decarbonizzazione nel settore elettrico e in misura minore la riduzione dell’intensità energetica dell’economia (favorita peraltro anche dal clima mite). Ne consegue che in uno scenario di ritorno dell’attività economica sui livelli pre-crisi è plausibile che la traiettoria delle emissioni torni a non essere in linea con gli obiettivi al 2030. Inoltre, pur in miglioramento, anche in questa fase la crescita del peso delle rinnovabili resta su una traiettoria non in linea con gli obiettivi».
Non è una novità, purtroppo. Nel corso del 2019 le emissioni di CO2 legate al settore energetico in Europa sono calate il doppio che in Italia, dove sono sostanzialmente ferme ai livelli del 2014; nel frattempo il clima del nostro Paese si surriscalda però a velocità praticamente doppia rispetto alla media globale. Anche le nuove istallazioni di energie rinnovabili crescono col contagocce ormai dal 2013, tanto che se proseguiremo con questo ritmo gli obiettivi al 2030 rimarranno irraggiungibili.
fonte: greenreport.it

Il mondo delle rinnovabili chiede regole certe o addio obiettivi nazionali

Le regole sono fondamentali, ma l’eccesso di burocrazia, è un po’ come l’eccesso di informazioni, produce l’effetto contrario. Questo vale per molte cose, ma per le rinnovabili (oltre che per gli impianti di qualsiasi natura legati) vale ancor di più. In quanto la possibilità o meno di realizzarli, è direttamente proporzionale alla possibilità di raggiungere gli obiettivi nazionali stabiliti dal Pniec. Che a loro volto sono quelli che dovrebbero aiutare l’Ue a raggiungere i propri obiettivi europei che a loro volt stanno dentro quelli nazionali che stanno, con grandissima fatica, provando a mitigare il cambiamento climatico. Stavolta ad alzare la voce, ma con una proposta tutt’altro che urlata, bensì concreta e diretta, è Elettricità Futura (associazione di Confindustria tra produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili e da fonti convenzionali, distributori e fornitori di servizi e trader, al fine di contribuire a creare le basi per un mercato elettrico efficiente e per rispondere alle sfide del futuro). E lo fa attraverso una proposta al governo sviluppata in quattro punti, declinati anche per le Regioni.

La prima proposta è quella di “introdurre specifiche misure a favore degli interventi di rinnovamento degli impianti rinnovabili esistenti in un’ottica di valorizzazione dei siti già oggetto di investimenti in passato e di minimizzazione di consumo di suolo. A tal fine è necessario adottare in tempi celeri una norma a livello centrale (decreto previsto dal D.Lgs 28/2011, art.5, comma 3, mai pubblicato) che permetta di distinguere una modica “non sostanziale” di un impianto (autorizzabile con Procedura Abilitativa Semplificata – PAS) da una “sostanziale” (da sottoporre all’iter autorizzativo ordinario ed alle connesse verifiche ambientali)”.

La seconda, a nostro avviso la più importante, è quella di “semplificare le procedure autorizzative definendo criteri oggettivi di applicazione o esclusione delle procedure ambientali e paesaggistiche, in relazione alla effettiva sussistenza di vincoli specifici nell’area interessata dal progetto”. In buona sostanza “favorire l’individuazione di aree particolarmente vocate allo sviluppo di nuovi impianti”, mentre “laddove vi siano dei vincoli”, definire secondo criteri oggettivi e resi pubblici, “quali siano le eventuali aree nelle quali i vincoli sono tali da precludere completamente la realizzazione dell’intervento”. Inoltre “la comunicazione, da parte dell’amministrazione pubblica responsabile del procedimento, di un parere negativo dovrebbe indicare obbligatoriamente le cause del diniego e le modifiche al progetto necessarie a superarlo”.

Terzo punto: “introdurre semplificazioni del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR) e un migliore coordinamento di tale procedura con l’autorizzazione unica (AU) per impianti da FER ex D-Lgs. 387/03 poiché oggi si assiste ad un’applicazione disomogenea a livello regionale”.

Più tecnica ancora la quarta proposta: “introdurre una disciplina specifica per i sistemi di accumulo, che dovranno rientrare tra gli interventi di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti, tali da poter quindi beneficiare di un procedimento autorizzativo unico che disciplini la realizzazione di impianti storage “stand alone” o connessi ad impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile. Per favorire una maggiore elettrificazione dei consumi, sarà necessario introdurre quote obbligatorie di veicoli elettrici sulle nuove vendite, stimolare gli investimenti in infrastruttura di ricarica e promuovere lo sviluppo di filiere industriali, favorire l’utilizzo dell’auto elettrica in aree urbane attraverso congestion charges e prevedere specifiche agevolazioni (ZTL, corsie dedicate, parcheggi gratuiti)”.

fonte: greenreport.it

#Stopmicrofibre, la campagna di Marevivo in difesa del mare

Plastica, mare, inquinamento. Design, responsabilità, innovazione. Dalle microplastiche alle microfibre. Non solo le bottiglie e le stoviglie di plastica, ma anche le fibre tessili hanno un ruolo preminente nell’inquinamento da plastica che soffoca il mare. Secondo i dati del CNR, in 60 anni la produzione di plastica è passata da 0,5 mln di tonnellate l’anno a 330 mln. Marevivo, che da tempo conduce un’instancabile battaglia in difesa del mare, ha coinvolto l’Accademia di Costume&Moda – una delle migliori scuole di moda del mondo, che è già diventata plastic free – nella campagna di sensibilizzazione #Stopmicrofibre.
Alcuni pensano che la plastica abbia invaso una zona delimitata, ma al contrario non c’è mare che ne sia privo, e non solo: tracce di plastica sono state trovate perfino nei ghiacciai montani.
La scelta di Marevivo non è stata casuale. L’Accademia di Costume&Moda prepara gli stilisti di domani, formare alla consapevolezza e all’impatto che il proprio lavoro può avere sull’ambiente è una responsabilità forte. Progettare con una visione sostenibile significa trovare nuove soluzioni per produrre materiali e oggetti belli, dal design elegante e ricercato, che strizzano l’occhio all’economia circolare e non danneggiano l’ambiente: un Made in Italy che ama e rispetta l’ambiente.
Raffaella Giugni, membro del comitato direttivo di Marevivo, ha dato un’idea in cifre che spiega la ragione di #Stopmicrofibre: un lavaggio in lavatrice di 5 kg di abiti sintetici rilascia dai 6 ai 17 milioni di particelle di microfibre inferiori a 5 mm che – inquinando il mare perché non trattenute dai sistemi di filtraggio – vengono ingerite dai pesci ed entrano nella catena alimentare. In parole povere, la plastica arriva anche sulle nostre tavole: Francesco Regoli, vice direttore del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche ha denunciato la presenza di microplastiche – anche di origine tessile – nella maggior parte dei pesci analizzati. Non sono ancora disponibili dati sulla tossicità per l’uomo, ma certo mangiare plastica non sembrerebbe esattamente salutare.
Le aziende hanno capito che la sostenibilità è una chiave per entrare nelle preferenze dei consumatori, perché il mercato premia le azioni responsabili: non solo marketing, ma responsabilità sociale. Responsabilità che riguarda l’azienda (ad esempio in termini di visione strategica, di innovazione e di approccio etico), i suoi prodotti (materiali utilizzati, processi di lavorazione, packaging) e i suoi valori (tracciabilità, risparmio di acqua, energia e CO2).
È iniziata una «rivoluzione industriale che si gioca sull’economia circolare. Un’evoluzione che ci impone di modificare il modo in cui produciamo e consumiamo» ha detto Lupo Lanzara, vice presidente dell’Accademia di Costume&Moda. Si cerca di creare prodotti secondo valori che fino a poco tempo fa non c’erano: innovazione e design sono una caratteristica del Made in Italy, oggi il plus è la sostenibilità.

Covid-19, l’Antimafia mette in guardia sulla gestione rifiuti

«È evidente che l’emergenza sanitaria è di per sé una situazione eccezionale ed in quanto tale potrebbe offrire l’occasione per ottenere appalti legati sia alla distribuzione di presidi medicali che allo smaltimento dei rifiuti speciali ospedalieri». Nell’ultima relazione semestrale inviata oggi al Parlamento, la Direzione investigativa antimafia (Dia) mette in guarda sui purtroppo consueti rischi – o sulle opportunità, dal punto di vista della malavita – che la pandemia ancora in corso è in grado di aggravare.

«La massiccia immissione sul mercato di dispositivi sanitari e di protezione individuale, in molti casi considerati “infetti” dopo l’utilizzo in ambienti a rischio, pone un problema di smaltimento di rifiuti speciali, settore notoriamente d’interesse della criminalità organizzata. Sono prevedibili, pertanto, importanti investimenti criminali nelle società operanti nel “ciclo della sanità”, siano esse coinvolte nella produzione di dispositivi medici (mascherine, respiratori, ecc) nella distribuzione (a partire dalle farmacie, in più occasioni cadute nelle mire delle cosche), nella sanificazione ambientale e nello smaltimento dei rifiuti speciali, prodotti in maniera più consistente a seguito dell’emergenza».

Rischi che la pandemia esacerba, ma che sono ormai profondamente radicati in un Paese che non è in grado di gestire i rifiuti che produce: nell’ultimo rapporto dedicato ai rifiuti urbani l’Ispra stesso certifica che «vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato», e guardando invece ai rifiuti speciali basti osservare che mentre cresce la produzione calano gli impianti per gestirla, con l’export che schizza in alto del 13%.

Ma i rifiuti sono come l’acqua: vanno dove incontrano meno resistenza, e in assenza di impianti legalmente autorizzati a gestirli secondo logica di sostenibilità e di prossimità le alternative sono le discariche abusive e/o la criminalità organizzata. Dinamiche che vanno ben oltre quelle contingenti della crisi sanitaria e che riguardano tutto il Paese, come illustra l’Antimafia. Le sorprese non mancano.

Ad esempio, un caso che lega nord e sud Italia: «Le indagini hanno documentato una ulteriore inversione della rotta dei traffici di rifiuti. Infatti, è accaduto che a seguito degli incendi dei capannoni, registrati in Lombardia tra il 2017-2018 e del conseguente aumento dei controlli, si è arrivati al sequestro di intere aree fino a quel momento adibite allo sversamento illegale. A quel punto il sodalizio oggetto dell’inchiesta, per proseguire il business, ha dovuto rimodulare i suoi traffici avvertendo l’esigenza di dover smaltire altrove. Ed è così che i rifiuti, anche speciali, che fino a quel momento erano sversati (e, all’occorrenza dati alle fiamme) in capannoni dismessi in Brianza, nel comasco e nel milanese (Varedo, Gessate e Cinisello Balsamo) ma anche in provincia di Trento, sono poi stati dirottati dalla Lombardia verso la Calabria e tombati in una cava del lametino».

E nel centro Italia? Emblematica «l’operazione “Prato Waste” del 30 luglio 2019, nell’ambito della quale la Polizia municipale ha eseguito, nella provincia di Prato, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 imprenditori italiani e 2 cinesi, ritenuti responsabili di smaltimento illegale di rifiuti speciali non pericolosi (scarti tessili) anche verso l’estero. Nell’indagine sono risultati coinvolti altri soggetti, titolari di diverse ditte italiane e cinesi aventi come ragione sociale “lo smaltimento di rifiuti”, in alcuni risultate “fittizie”. I siti di stoccaggio sono stati individuati nel territorio pratese, in provincia di Pistoia, a Rovigo, Mantova e Reggio Emilia».

È questo il contesto nazionale che, in assenza di soluzioni strutturali, la pandemia non può che rendere più critico. A preoccupare non sono di per sé i tonnellaggi di rifiuti. Nella relazione approvata nei giorni scorsi dalla commissione parlamentare Ecomafie (in allegato, ndr) si mostra che se alcune frazioni come quelle dei rifiuti sanitari quest’anno sono destinate a crescere, complessivamente si prevede una contrazione nella produzione complessiva di rifiuti – quelli urbani, ad esempio, si dovrebbero attestare sui livelli del 2000 – a causa della crisi economica. Ma di per sé questa non è affatto una buona notizia, come già abbiamo osservato su queste pagine.

Il problema rimane infatti tutto, nel suo complesso: l’Italia continua a presentare enormi criticità nella gestione degli scarti e dei rifiuti non riciclabili. Mancano impianti di recupero energetico, le discariche stanno esaurendosi, non ne abbiamo in numero sufficiente per i rifiuti pericolosi. Inoltre mancano piattaforme per il riciclo e impianti di digestione anaerobica e compostaggio, specie al centro-sud.

Tutto terreno fertile per la criminalità organizzata, come rileva la Dia: lo smaltimento dei rifiuti «soffre di una cronica carenza di strutture moderne per il trattamento, situazione che potrebbe favorire logiche clientelari e corruttive da parte di sodalizi criminali».

Non una novità, dopo che nella scorsa relazione semestrale l’Antimafia aveva dedicato un focus specifico proprio al tema rifiuti, mettendo in evidenza che la carenza di impianti è alla base dell’emergenza ormai cronicizzata: «La perdurante emergenza che in alcune aree del Paese condiziona ed ostacola una corretta ed efficace gestione del ciclo dei rifiuti vede tra le sue cause certamente l’assenza di idonei impianti di smaltimento che dovrebbe consentire l’autosufficienza a livello regionale […] Significativa, ad esempio, la mancata realizzazione di termovalorizzatori». Il contrario di quanto, apparentemente, continua a sostenere il ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

fonte greenreport.it