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La Giornata europea dei Parchi al tempo del cornavirus.

La Giornata Europea dei Parchi 2020 ha uno slogan #ParksForHealth (Parchi sani, persone sane) quanto mai azzeccato, perché sottolinea l’importanza del contatto positivo con la natura per tutelare la salute umana, creare benessere, prevenire problemi di salute pubblica e promuovere uno stile di vita attivo e sostenibile. Insomma, avvicinare la natura alle persone e al loro bisogno di benessere è un’altra missione importante dei parchi al pari di quella di proteggere il nostro capitale naturale. Nonostante i limiti del distanziamento fisico, l’European day of parks, deve essere l’occasione per ribadire l’importanza dei parchi e riflettere sule difficoltà di un sistema nazionale delle aree protette che, non è composto di soli Parchi nazionali, e deve dare organicità alla tutela delll’11% del territorio nazionale protetto.

Parchi terrestri e aree marine protette, ottengono risultati importanti nella conservazione della biodiversità, sono meta per il turismo attivo e sostenibile e aiutano economie virtuose a crescere, nonostante le difficoltà. Le aree marine protette, ad esempio, devono sopravvivere con poche risorse, una governance inadeguata e un modello organizzativo risalente alla L.979/82 e la L. 394/91. Mentre i parchi nazionali, enti autonomi di diritto pubblico, per la gran parte sono sprovvisti di Piani dei parchi e Regolamenti approvati, come denuncia la Corte dei Conti che sottolinea anche la mancanza di personale e diverse inefficienze di gestione e nonostante abbiano le casse piene di soldi non spesi. Le aree protette regionali, invece, hanno subito continue modifiche normative e tagli ai finanziamenti, ed oggi appaiono solo l’ombra di quel sistema di tutela messo in campo dalla Regioni virtuose nel ventennio 1980-2000.

Il nostro Paese, grazie alla leale collaborazione tra le Regioni e il Governo, è stato capace di realizzare un sistema integrato di aree protette che in poco tempo, in particolare dal 1990 al 2010, è cresciuto dal 3 all’11%. Un percorso di concertazione messo a dura prova da una pretestuosa interpretazione della riforma del titolo V che, anziché dare nuove funzioni alle Regioni, ha sancito invece la separatezza tra le politiche statali e quelle regionali. Occorre risolvere il nodo politico della leale collaborazione, riscrivendo magari un nuovo progetto condiviso per le aree protette, per ottenere una migliore performance e rispondere anche agli obiettivi che a livello globale il deve raggiungere il nostro Paese. Il sistema nazionale delle aree protetta (che è di più della somma delle aree nazionali più quelle regionali), deve saper superare la separatezza tra le politiche nazionali e regionali, e co-decidere sulle scelte per la tutela della natura e dello sviluppo sostenibile dei territori protetti.

Serve una discussione pubblica, magari attraverso la terza Conferenza nazionale sulle aree protette, per affrontare nel merito i problemi delle aree protette e aperta a tutti coloro che vivono e operano nei parchi e non solo a chi “parla” di parchi. Una discussione utile a fornire ai parchi strumenti utili per prendere in mano la lotta al climate change e valorizzare questi territori che sono diventati più resilienti perché, mediamente, meglio gestiti e con maggiori opportunità.

Benefici oltre i parchi, non deve rimanere uno slogan datato, ma divenire una pratica in cui le are protette trasferiscono l’approccio One Health nei diversi settori in cui sono coinvolte (ambiente, salute animale, gestione del territorio…) per raggiungere i migliori risultati nella tutela degli ecosistemi e per la salute pubblica, mitigare le conseguenze della perdita della biodiversità, della crisi climatica e dei rischi legati alle pandemie prevenendo le zoonosi.

Le aree protette devono saper affermare la “pratica del parco” nei loro territori puntando a diventare un player territoriale, sapendo interpretare le aspettative dei cittadini e dei diversi portatori di interessi. Devono saper gestire i conflitti, che inevitabilmente crescono con la crescita del loro ruolo, per non essere travolti dalla gestione burocratica che li caratterizza ed evitare il lento e inesorabile declino che li può interessare.

Per rilanciare il sistema nazionale delle aree protette è necessario passare attraverso una “nuova primavera” e un accordo tra i diversi livelli istituzionali che fino ad oggi è mancato. Ripartire dalla leale collaborazione tra Governo e Regioni per scrivere assieme gli obiettivi del prossimo decennio per conservare la biodiversità, e programmare un percorso per tutelare il 30% del territorio nazionale e portare al 10% le aree a riserve integrale. Esiste già una lunga lista di aree protette in attesa di istituzione, altre richieste sono state avanzate da comunità locali e amministratori che reclamano un riconoscimento per i loro territori, mentre altre sono da istituire perché dovranno svolgere un ruolo fondamentale nella tutela e corretta gestione del nostro capitale naturale.

Occorre partire dalla aree protette sospese, quelle che stanno in un limbo e sono in un luogo istituzionale, per colpa di istituzioni che non decidono o sono incagliate in procedimenti istitutivi troppo macchinosi. Le aree protette che proponiamo di istituire nel decennio 2020/2030:

  • Parchi nazionali del Gennargentu previsto dalla legge 394/91;
  • Parco nazional del Delta Po previsto dalla legge 394/91;
  • Parco nazionale della Costa Teatina, in Abruzzo, previsto dalla 93/2001 che ha assegnato al parco un finanziamento di 1.000 milioni di vecchie lire a decorrere dal 2001. Dopo 19 anni ci sono 10milioni di euro immobilizzati nelle casse del Ministero in attesa del parco.
  • Parchi nazionali delle Egadi e del Litorale Trapanese Iblei in Sicilia, previsto dalla L. 227/2007;
  • Parco nazionale delle Eolie Iblei in Sicilia, previsto dalla L. 227/2007;
  • Parco nazionale degli Iblei in Sicilia, previsto dalla legge 227/2007;
  • Parco nazionale del Matese, tra Campania e Molise, istituito dalla L.205/17 ma l’iter è inspiegabilmente bloccato;
  • Parco nazionale di Portofino in Liguria, istituito dalla legge 205/17;
  • Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano, prevista dalla legge 979/82 ancora prima che nascesse il Parco nazionale che oggi ha solo un perimetro di tutela a mare, per la quale è in corso una raccolta firme on-line;
  • Area marina protetta della Costa del Conero finanziata da una legge del 2014;
  • Area marina protetta della Costa del Piceno il procedimento è fermo dal 2008;
  • Area marina protetta Golfo di Orosei-Capo Monte Santu in Sardegna, in fase di completamento gli studi conoscitivi per istituirla;
  • Area Marina protetta di Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa, in Puglia, completamento degli studi conoscitivi;
  • Area marina protetta Romanelli – Capo di Leuca, in Puglia, completamento degli studi conoscitivi;
  • Area marina protetta Isola di Capri, in Campania, finanziati gli studi conoscitivi;
  • Area marina protetta Capo Spartivento, in Sardegna, finanziati gli studi conoscitivi;
  • Area marina protetta Isola di San Pietro, in Sardegna, finanziati gli studi conoscitivi;
  • Area marina protetta Costa di Maratea, in Basilicata, finanziati gli studi conoscitivi;
  • Area marina protetta Grotte di Ripalta – Torre Calderina, in Puglia, prevista dal 2013, è invece naufragata a causa del degrado rilevante e non risolvibile nel breve periodo del sito interessato dalla sua istituzione.
  • Area marina protetta della Penisola Salentina in Puglia, iter non avviato per mancanza di risorse economiche;
  • Area marina protetta Monte di Scauri nel basso Lazio, iter non avviato per mancanza di risorse economiche;
  • Area marina protetta Monti dell’Uccellina – Formiche di Grosseto – Foce dell’Ombrone Talamone in Toscana, iter non avviato per mancanza di risorse economiche;
  • Area marina protetta de La Maddalena, prevista dalla L.394/91 contestualmente al Parco nazionale che ha solo un perimetro di tutela a mare;
  • Area marina protetta del Circeo la legga 979/82 prevede la nascita della Amp delle Isole Pontine, sarebbe invece più opportuno tutelare il mare e la costa dell’attuale Parco nazionale che non gode nemmeno di una tutela del perimetro a mare;
  • Area marina protetta di Pantelleria, prevista dalla L. 394/91 non ancora istituita nonostante sia nato il Parco nazionale senza nemmeno un perimetro a mare.

Le nuove aree protette da istituire:

  • Istituire il Parco nazionale del Fiume Magra tra Liguria e Toscana, che comprenda l’attuale territorio del Parco Regionale di Montemarcello-Magra-Vara in provincia di La Spezia, le ANPIL, aree naturali protette di interesse locale, sul fiume Magra in provincia di Massa-Carrara, oltre ai siti della rete Natura 2000 compresi nel bacino idrografico interregionale del Fiume Magra.
  • Istituire il Parco nazionale della Penisola Sorrentina in Campania, che comprenda l’attuale Parco regionale dei Monti Lattari, l’Area marina protetta di Punta Campanella e le aree della rete Natura 2000 che interessano sostanzialmente quasi sempre gli stessi comuni che partecipano a tre diversi livelli di governance (parco regionale, Amp, e siti natura 2000), e in più si offrirebbe l’occasione di una gestione unitaria anche per il sito Unesco della Costiera Amalfitana.
  • Istituire l’Area marina protetta Torre la Punta in Campania, interessa la costa del Comune di Pollica, tra il borgo di Acciaroli e quello di Pioppi, e ricomprende uno specchio acqueo di oltre 1 milione di mq ricco di biodiversità e reperti archeologici di epoca greco-romana.
  • Istituire il Parco regionale del Crinale Piacentino, Emilia Romagna, corridoio di connessione con la Liguria dell’alto appennino piacentino con numerose aree umide in quota
  • Istituire il Parco regionale dei Monti Volsci, comprende i Monti Lepini ed i parchi regionali degli Ausoni e Aurunci inglobati in questa proposta unitaria di area ìdel Lazio meridionale.
  • Istituire il Parco regionale dei Monti Ernici, corridoio ecologico fondamentale per la tutela dell’Orso bruno marsicano, cerniera tra le aree protette del Lazio e dell’Abruzzo,
  • Istituire il Parco regionale dell’Alto Molise, interessa il territorio compreso tra le valli del Trigno e del Volturno e l’Area MAB Collemeluccio-Montedimezzo.
  • Istituire il Parco regionale fluviale del Neto, in Calabria, interessa l’intero corso del fiume fino alla foce

fonte:greenreport.it

22 Aprile – The Earth day 2020 la terra respira

Giornata Mondiale della Terra, istituita come giornata delle Nazioni Unite nel 2020 viene celebrata il 22 aprile. Da 50 anni a questa parte, essa rappresenta un appuntamento di riflessione sullo stato di salute del nostro pianeta e, per il 2020, il tema individuato è l’azione per il clima. Nonostante la minaccia del virus che sta condizionando la nostra salute e la nostra libertà, l’azione sui cambiamenti climatici rimane la più urgente sfida per la sopravvivenza dell’intera umanità. La sua improrogabilità emerge dai dati sul surriscaldamento globale divulgati dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) delle Nazioni Unite, secondo cui le temperature raggiunte dall’aria superficiale nel 2019 sono le più elevate mai registrate.
Secondo lo studio del World Glacier Monitoring Service, inoltre, il 2019 è stato il 32° anno consecutivo in cui si è sciolto più ghiaccio di quanto se ne sia riformato ed i livelli del mare hanno raggiunto il loro massimo innalzamento da quando sono iniziate le registrazioni.
Le suddette rilevazioni suscitano il concreto timore sull’impossibilità di rispettare gli obiettivi delle Nazioni Unite fissati proprio nella giornata internazionale della Terra del 2016 in cui, nella sede di New York, venne aperto alla firma l’Accordo per combattere il riscaldamento globale raggiunto a Parigi nel dicembre del 2015.
Anche nella situazione in cui ci troviamo, in cui un virus minaccia la sopravvivenza di una consistente parte della popolazione e le nostre libertà, non bisogna distogliere l’attenzione dall’urgenza di frenare i cambiamenti climatici e azzerare le emissioni di gas serra il più presto possibile.

La vulnerabilità climatica costituisce la più grande sfida per il futuro e il benessere dell’umanità poiché rappresenta una minaccia all’abitabilità del pianeta, sia da un punto di vista biologico che sociale. Essa rischia di compromettere il nostro ecosistema vitale e le libertà umane, favorendo le discriminazioni tra i popoli e le disuguaglianze di genere.
Senza un radicale cambio di rotta, i cambiamenti climatici determineranno la perdita dei mezzi di sussistenza per le popolazioni più povere del mondo e le donne saranno le prime a farne le spese perché più povere, più esposte a malattie e dedite all’agricoltura.

Oggi la natura si sta riappropriando della propria terra, domani rientriamo in punta di piedi.

Esa, il lockdown per Covid-19 ha dimezzato l’inquinamento atmosferico da NO2 in Europa

Le concentrazioni di inquinamento atmosferico da biossido di azoto (NO2) sono in caduta libera in tutta Europa, come spiegano dall’Agenzia spaziale europea (Esa) riportando le ultime rilevazioni satellitari fornite da Copernicus – ovvero il programma di punta per l’osservazione della Terra dell’Ue. Analizzati dal Royal Netherlands Meteorological Institute, i nuovi dati mostrano concentrazioni di NO2 praticamente dimezzate nel periodo che va dal 13 marzo al 13 aprile 2020, rispetto alle concentrazioni medie rilevate nello stesso periodo del 2019. Madrid, Milano e Roma hanno visto una riduzione di circa il 45%, mentre Parigi un calo del 54% «coincidente con le severe misure di quarantena implementate in tutta Europa».

Le concentrazioni di biossido di azoto nella nostra atmosfera, come ricordano dall’Esa, variano molto di giorno in giorno a causa sia delle fluttuazioni delle emissioni, sia delle variazioni nelle condizioni meteorologiche. Questa variabilità meteorologica rende difficile arrivare a conclusioni solide sugli effetti del lockdown basandosi solo su misurazioni giornaliere o settimanali delle concentrazioni di inquinamento atmosferico. Serve dunque un approccio più complesso al problema: «Esistono notevoli variazioni meteorologiche in ogni Paese da un giorno all’altro, che hanno un grande impatto sulla dispersione del biossido di azoto – spiega Henk Eskes del Royal Netherlands Meteorological Institute – Osservare dati medi su periodi di tempo più lunghi ci consente di vedere più chiaramente i cambiamenti nelle concentrazioni di NO2 dovuti all’attività umana. Per questo motivo, le mappe mostrano concentrazioni su un periodo mensile con un’incertezza del 15%, che riflette la variabilità meteorologica non rilevata nelle medie mensili utilizzate».

Anche utilizzando quest’approccio molto prudenziale il crollo nelle concentrazioni di inquinamento atmosferico è netto in quanto il parametro osservato, il biossido d’azoto, è fortemente legato all’andamento del traffico veicolare. Tra i fattori emissivi rientrano tutti i processi di combustione, ma secondo l’Ispra oltre la metà di tutte le emissioni di NO2 in Italia dipendono dai trasporti su strada; non a caso il Sistema nazionale di protezione ambientale ha registrato già a fine marzo una diminuzione dell’ordine del 50% nelle concentrazioni di NO2 in Pianura Padana»  seguito delle misure introdotte dal Governo per l’emergenza» Covid-19.

Queste diminuzioni nell’inquinamento atmosferico hanno un loro risvolto positivo – l’Italia è il primo Stato in Europa per morti premature da NO2 con circa 14.600 vittime all’anno, come mostra l’Agenzia europea dell’ambiente – ma in generale la crisi da Covid-19 non rappresenta affatto una buona notizia per lo sviluppo sostenibile del Paese, che ne uscirà anzi ulteriormente indebolito senza le necessarie contromisure.

Questi crolli nelle concentrazioni di inquinamento atmosferico mostrano però con grande chiarezza il ruolo attivo che i comportamenti umani possono avere nel miglioramento dell’aria che respiriamo, offrendo così una bussola per nuovi investimenti pubblici a partire da quelli sulla mobilità: le idee non mancano, ora serve metterle in pratica.

Fonte:greereport.it

ROMENTINO 2030 – Le azioni dei piccoli comuni per la sostenibilità

E’ stato presentato in settimana il calendario di un ciclo di incontri per diffondere le tecniche di sostenibilità tra tecnici e cittadini in modo da stimolare nuove strategie di sviluppo urbanistico, gestire in maniera innovativa le risorse economiche e ambientali, migliorare le relazioni tra le persone e modernizzare i metodi di amministrazione.
Gli incontri, organizzati con la collaborazione degli ordini provinciali di Architetti, agronomi e ingegneri e con il patrocinio della Regione Piemonte e della Provincia di Novara, si svolgeranno presso il Centro Culturale Pio Occhetta di Romentino secondo un calendario che prevede 4 incontri:

1. 14 Febbraio 2020 – Le SPONGE CITY: Trattenere passivamente l’acqua piovana per ripulirla, riutilizzarla e azzerare i rischi;
2. Giugno 2020 – Le GREEN CITY: Trasformare gli ambienti urbani per vivere meglio. Spazi verdi, edilizia, energia, mobilità e gestione dei rifiuti;
3. Novembre 2020 – Le SMART CITY: Il ruolo e le opportunità per i piccoli comuni: dalla gestione digitale ai servizi sostenibili;
4. Febbraio 2021 – La SOSTENIBILITÀ’ PARTECIPATA:Dalla progettazione all’esecuzione: le scelte condivise rendono più facili le soluzioni ai problemi.

Il primo incontro verterà sulla gestione delle acque piovane in ambiente urbano con i sistemi di drenaggio sostenibile analizzando i diversi approcci dall’Ente Pubblico, alle componenti ingegneristiche, paesaggistiche e naturalistiche.

Regione Piemonte – Relazione sullo stato dell’ ambiente – edizione 2019

Arpa e Regione Piemonte hanno presentato nelle scorse settimane la Relazione sullo Stato dell’Ambiente. Hanno aperto i lavori l’Assessore all’Ambiente della Regione Piemonte Matteo Marnati, il Direttore regionale della Direzione Ambiente Roberto Ronco, il Direttore generale di Arpa Piemonte Angelo Robotto e il Direttore di IRES Piemonte Marco Sisti.
“Lo stato della qualità dell’aria in Piemonte è analogo a quello delle altre regioni del bacino padano. Negli ultimi anni dei dodici inquinanti per i quali la normativa stabilisce dei valori di riferimento sette rispettano ampiamente i limiti mentre cinque – pm10, pm2,5, biossido di azoto, ozono e benzo(a)pirene superano uno o più limiti in una o più aree del territorio regionale – sottolinea il direttore generale di Arpa Piemonte Angelo Robotto – E’ giusto specificare che per i pm10 e per i pm2,5 negli ultimi anni si è assistito ad una diminuzione complessiva sia della media annuale che del numero di giorni di superamento del limite giornaliero”.
Scopriamo in breve, attraverso le quattro grandi tematiche – clima, aria, acqua e territorio – com’è lo stato di salute dell’ambiente in Piemonte:
CLIMA

Il 2018 in Piemonte è stato il secondo anno più caldo degli ultimi 61 anni, con un’anomalia termica media di circa +1,6 °C rispetto alla climatologia del periodo 1971-2000. Nel 2018 è stato importante l’apporto delle precipitazioni che, con circa 1.400 mm medi sulla regione, posizionano il 2018 come il 5° anno più piovoso degli ultimi 61, con un surplus pluviometrico del 32% rispetto alla norma 1971-2000. L’andamento delle precipitazioni nevose è stato generalmente superiore alla media soprattutto per quanto riguarda la prima parte dell’anno.

 ARIA: PM10 Nel 2018, quasi il 32% delle stazioni ha superato il limite giornaliero di 50µg/m3; limite da non superarsi per più di 35 giorni all’anno. Nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2019, il numero di stazioni che ha superato il limite giornaliero è poco più del 19%. Sempre per il PM10, il 2018 è stato il 1° anno in cui il valore limite della media annuale, pari a 40 µg/m3 è stato rispettato in tutto il Piemonte. PM 2,5 Nel 2018 il valore limite (25 μg/m3 come media annuale) non è stato superato in nessun punto di misura. NO2 biossido di azoto Nel 2018 la percentuale di stazioni della rete regionale che hanno superato il valore limite annuo per la protezione della salute umana (40 μg/m3) è pari al 5,77% (3 stazioni superanti: Torino – Consolata, Collegno – Francia, Torino – Rebaudengo). OZONO Il 75% delle stazioni presenti sulla rete regionale ha superato il valore obiettivo di 120µg/mc da non superarsi per più di 25 giorni all’anno Benzo(a)pireneNel 2018 il valore obiettivo non è stato superato in nessuna stazione della rete regionale. Si tratta però dell’unico inquinante che, in alcuni punti di misura, mostra un andamento temporale in controtendenza, con un aumento delle concentrazioni negli ultimi anni

ACQUA – Acque superficiali: Il 32% dei fiumi ha uno stato ecologico buono considerando i dati del triennio 2014-2016. Il 72% ha uno stato chimico buono secondo i rilevamenti effettuati nel 2018. Per tutti i corsi d’acqua analizzati la portata media mensile del 2018 è sempre stata al di sopra della media storica. Le analisi effettuate per i laghi rilevano che il 100% delle acque è balneabile. Acque sotterranee il 73% delle falde superficiali ha uno stato buono mentre il restante 27% ha uno stato scarso. Leggermente migliore la situazione delle falde profonde dove l’80% ha uno stato buono e il restante 20% uno stato scarso. Nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2019 nessuna stazione ha superato il limite.

TERRITORIO Consumo di suolo Quasi il 6,9% della superficie regionale viene consumata, pari a oltre 175 mila ettari, rispetto alla media nazionale del 7,6%. Rischi naturali. Oltre il 68% dei comuni è a rischio frane, pari a 801 comuni che interessano oltre 23 mila abitanti (0,5% della popolazione). Per il rischio alluvioni è il 90% dei comuni ad essere coinvolto, ovvero 1073 comuni e oltre 156 mila abitanti (3,6% della popolazione). Certificazioni In tutto il territorio regionale le organizzazioni certificate EMAS sono 63. Il piemonte si classifica al sesto posto in italia.Le aziende piemontesi che realizzano prodotti o servizi con certificazioni ECOLABEL sono 19, di cui 4 strutture turistiche. Il piemonte si classifica al quinto posto in italia Siti Contaminati Attualmente i siti contaminati censiti sull’intero territorio regionale sono 1.777, di cui 839 con procedimento attivo e 938 conclusi. La provincia di Torino possiede da sola quasi la metà dei siti presenti in banca dati, anche se è necessario leggere tale dato in rapporto all’estensione, alla concentrazione e alla qualità delle attività insediate; seguono le province di Novara e Alessandria. Energia Il 18,6% dell’energia consumata deriva da fonti rinnovabili. Ciò significa che è già stato superato l’obiettivo del 15% fissato al 2020 dal sistema burden sharing nazionale ovvero la suddivisione delle quote nazionali fissata dalle Strategie europee. radiazioni non ionizzanti Si riscontra un aumento del 2% della densità media per gli impianti di telefonia nelle province di Alessandria, Cuneo, Novara e Torino, mentre per le altre province si è registrata una tendenza alla stabilizzazione o lieve diminuzione. In generale è stata rilevato un aumento della dose alla popolazione nella fascia compresa tra 0.5-3 V/M Radiazioni ionizzanti La dose annuale di radiazioni alla popolazione, rispetto al limite di 1 mSv/anno è di 2,743 mSv/anno di cui solo lo 0,099 mSv/anno è dovuto alla radioattività artificiale.

LA FORMAZIONE IN AMBITO HSE: ad Ecomondo il Convegno proposto da ASSORECA

Al via il 5 novembre la XXIII edizione di Ecomondo, la Fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, manifestazione che nel corso degli anni è divenuta leader in Europa per l’economia circolare ed il settore ambientale in generale
Molte sono le iniziative volte allo sviluppo del settore e una di questa è proposta da ASSORECA Associazione, senza scopo di lucro, tra le Società di Consulenza e di Servizi per l’Ambiente, l’Energia, la Sicurezza e la Responsabilità Sociale di cui  EUROPROGETTI è partner.
Il Convegno proposto da ASSORECA si svolgerà il 6 Novembre alle ore 14.30 e verterà sulla tematica della formazione in ambito HSE ” effettività, continuità, Organizzazione.
Verrà presentato un processo formativo volto all’efficace formazione nell’ambito della difficile tematica di protezione di beni di carattere inviolabile e indisponile e collettivo (sicurezza e ambiente)
Il convegno si articolerà in diversi interventi costruiti in modo da poter avere un approfondimento a 360° di quello che è un approccio efficace alla formazione.

Riciclo della carta, a che punto è l’industria italiana dopo i limiti all’export di rifiuti in Cina

«La capacità europea di riciclo della carta aumenterà di 5,7 milioni di tonnellate nel 2019-2021 e coprirà, da sola, i due terzi dell’export europeo in Cina. Anche l’industria cartaria italiana darà il suo contributo con nuove capacità in via di realizzazione». Commenta così Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta, alcuni articoli apparsi sulla stampa che fanno riferimento al mercato del riciclo della carta come saturo e che a pagare saranno i cittadini. «Le cartiere continuano a produrre in un mercato più difficile rispetto ad un anno fa ed ogni minuto vengono riciclate 10 tonnellate di carta al minuto in Italia, che potranno diventare 12, quando potranno partire le nuove capacità produttive per più di 1 milione di tonnellate».

L’industria cartaria italiana non ha però alcun interesse nell’attuale situazione del mercato delle carte da riciclare, che non riguarda peraltro tutte le tipologie e più in generale gli approvvigionamenti di fibre.

L’intenzione cinese di limitare le importazioni di rifiuti e di carta da riciclare era stata annunciata ampiamente e non può essere considerata una sorpresa. Negli anni passati i commercianti di rifiuti e materiali per il riciclo sono stati “abituati” da attraenti mercati asiatici, con prezzi fissati da soggetti che, spesso, prescindevano dai meccanismi dell’economia di mercato.

«Di fronte ad un cambiamento strutturale nel mercato dei rifiuti e delle materie prime secondarie, rimane sorprendente come non si colga l’occasione a livello di Paese per chiudere il ciclo in Italia e non si sblocchino, finalmente, gli iter autorizzativi che amplierebbero la capacità di riciclo di carta, come ad esempio quello di Mantova – aggiunge Medugno – Il sistema Conai-Comieco, nel rispetto del principio di sussidiarietà al mercato, sta intervenendo dove richiesto dai Comuni per assicurare i ritiri del materiale carta a livello comunale, senza costi per i cittadini».

La collaborazione con partner che forniscano in un mercato stabile, carta da riciclare di qualità e in quantità sufficiente è essenziale e le cartiere e il sistema consortile della filiera della carta sono da sempre impegnate a ritirare i materiali della raccolta differenziata urbana.

«Occorre a questo punto incidere sul “recycling habitat” e cioè sulle relative strutture amministrative e impiantistiche che ne fanno parte, ed è inutile lamentarsi che piove se non proviamo almeno ad aprire –  come sistema – l’ombrello che abbiamo», conclude Medugno, che indica una strategia in cinque mosse:

  • lo sblocco degli iter autorizzativi che ampliano il riciclo (ad esempio quello di Mantova)
  • la veloce applicazione della norma dell’EoW caso per caso, diventata legge all’inizio di novembre;
  • la disponibilità di impianti che recuperino e smaltiscano gli scarti del riciclo,
  • il varo dell’End of Waste “Carta” e di quello “Scarto di pulper”;
  • Infine, ma non meno importante, il miglioramento della qualità delle raccolte differenziate in significative aree del Paese.

Sciogliere i nodi sopra indicati contribuisce a migliorare il mercato della carta da riciclare, ma soprattutto il sistema dell’economia circolare in Italia rilanciando occupazione e sviluppo.

fonte:greenreport.it

Assocarta

Un autunno di rivoluzione per la prevenzione incendi

Nel mese di Ottobre sono attese due grandi novità nel mondo della prevenzione incendi: da un lato finisce l’era del cosiddetto “doppio binario” e dall’altro è attesa la prima revisione del codice di prevenzione incendi dalla sua pubblicazione nell’agosto del 2015.
Il doppio binario era stato introdotto con il D.M. 03/08/2015 per lasciare al progettista scelta se applicare o meno il nuovo approccio prestazionale per la sola progettazione delle attività che non erano dotate di specifica regola tecnica.. Dal 12/10/2019 viene però abolito il “doppio binario“ per la progettazione antincendio delle attività soggette al controllo da parte dei Vigili del Fuoco, ponendo fine al periodo transitorio di applicazione volontaria del Codice di prevenzione incendi. Il nuovo provvedimento con l’art.2 amplia il campo di applicazione del Codice di prevenzione incendi e rende obbligatorie le norme tecniche del Codice, quindi la RTO, per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività dell’allegato I al DPR n. 151/2011 individuate dai numeri: 9; 14; da 19 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64; 66 (ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini); 67 (ad esclusione degli asili nido); da 69 a 71; 73; 75; 76. Viene reso obbligatorio l’uso del Codice di prevenzione incendi per la progettazione delle attività tradizionalmente “non normate” (quindi prive di una Regola Tecnica Verticale riguardante la specifica singola attività), in sostituzione dei cd. criteri tecnici di prevenzione incendi.  La seconda novità prevede che, presumibilmente nel mese di ottobre, sarà emanata una revisione globale del D.M. 03/08/2015 definita “Codice 2.0” attraverso al quale superare alcune problematiche emerse da questi primi quattro anni di applicazione volontaria del codice e dall’altro aumentare il livello di prestazionalità lasciando maggior libertà, e responsabilità ai progettisti.  L’idea del legislatore è quella di elaborare uno strumento normativo unico che racchiuda in maniera organica tutta la normativa di prevenzione incendi e che si confronti con l’Europa e gli standard di sicurezza internazionali. Tale obbiettivo è estremamente complesso e richiede frequenti riscritture in relazione agli aggiornamenti normativi, alle nuove tecnologie e prodotti, all’evoluzione della visione della sicurezza, concetto dinamico, legato alla cronaca, agli accadimenti, all’opinione pubblica, ai media e alla politica. Attualmente è in corso un cambiamento epocale, ovvero il passaggio dal tradizionale metodo prescrittivo, dove gli obiettivi, la valutazione del rischio e le prescrizioni ritenute idonee alla sua compensazione sono stabilite a priori dal normatore, al metodo prestazionale in cui i requisiti che l’Opera da Costruzione deve possedere vengono definiti in termini di prestazioni i cui livelli sono individuati, fra quelli previsti, dal progettista, in base alla valutazione del rischio riferita all’attività in esame. Tale approccio prevede una buona conoscenza della legislazione in materia di prevenzione incendi ed una formazione approfondita associata un costante aggiornamento. Europrogetti ha iniziato fin dalla sua emanazione ad applicare il Codice di prevenzione incendi maturando elevata esperienza nella sua applicazione in diversi ambiti. Siamo dunque pronti a supportarvi sia per la realizzazione di nuove attività ma anche per modifiche alle attività esistenti o non da ultimo la risoluzioni di problematiche specifiche.Contattateci per qualsiasi chiarimento o approfondimento, sarà nostra cura trovare la soluzione migliore per la vostra realtà ed accompagnarvi nell’ottenimento delle autorizzazioni cogenti.

La cura dei boschi e dei fiumi per proteggere il territorio

Mentre, puntualmente come dopo ogni nubifragio, le televisioni e i social network pullulano di semplici cittadini incazzati fatti passare per esperti di idraulica e urbanistica e di politici che per discolparsi di scellerate urbanistiche danno la colpa agli ambientalisti che impediscono di pulire i fiumi, come sempre sono i veri esperti (inascoltati) a spiegare cosa e perché è successo e cosa bisognerebbe fare perché non succeda più. Come nel caso delle forti piogge che hanno colpito l’Alessandrino e la Liguria in questi giorni, causando smottamenti, frane, allagamenti e ricoprendo di fango e detriti strade e campi e causando danni a comunità spesso già colpite negli anni passati dagli stessi fenomeni. Come spiega in una nota il Consiglio Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali (CONAF) «Le acque cadute si sono riversate a valle con estrema facilità, senza la mitigazione che i boschi dovrebbero dare, a causa della non corretta gestione forestale degli ultimi decenni».

La presidente CONAF, Sabrina Diamanti, aggiunge: «Immagini ormai ripetitive sono quelle che ci arrivano dalle aree piemontesi e liguri colpite dall’ultima ondata di maltempo. Ancora una vittima, ancora sfollati, e partirà la conta dei danni. Gli ultimi eventi atmosferici hanno nuovamente messo in luce la fragilità del nostro Paese».

Il Consigliere CONAF Corrado Vigo ricorda che «Il presidio del territorio, con una corretta gestione delle pratiche agricole e forestali, può aiutare sensibilmente alla riduzione di questi fenomeni amplificati dai cambiamenti climatici, che ricadono tutti sulla comunità e sulla collettività. Proprio per questo al CONAF stiamo iniziando un percorso di concertazione con enti e amministrazioni per la messa a punto di “linee guida per le buone pratiche rurali per la prevenzione del dissesto del territorio».

Gian Mauro Mottini, presidente della Federazione Interregionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali del Piemonte e Valle d’Aosta, lamenta «la mancata manutenzione del territorio e della cura dei boschi e dei territori montani. Il governo dei boschi è fondamentale per ridurre i danni scaturenti da questi eventi atmosferici» e conclude: «La manutenzione dei fiumi, dei torrenti e dei canali, aggiunge, sono il “toccasana” per questi eventi, facendo sì che le acque raggiungano valle senza creare danni».

fonte: greenreport.it

Legambiente Piemonte contro i negozi nemici del clima

Anche se è tutto da dimostrare, molti commercianti pensano che tenere le porte dei negozi aperte tutto l’anno, estate e inverno, con i condizionatori o il riscaldamento in funzione, sia una strategia di marketing vincente, ma per Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta «Non ci sono invece dubbi sullo spreco energetico che ne deriva». Gli ambientalisti evidenziano che tenere aperte le porte con i condizionatori o il riscaldamento a palla «appare quanto di più in contrasto con le politiche di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni di gas climalteranti».

Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, non ha dubbi: «Uno spreco energetico assurdo che deve terminare. E’ inconcepibile che dopo mesi di mobilitazione globale, sempre più pressante e incisiva dal basso che vede protagonisti in primis i giovani, tantissimi negozi continuino a scegliere di tenere le porte aperte credendo che questo inviti più clienti ad entrare all’interno del negozio. Vista la coscienza ecologista crescente potrebbe semmai essere vero l’opposto!«.

Oltre alle motivazioni di carattere ambientale Legambiente ricorda che «Spesso sono i dipendenti degli stessi esercizi commerciali a lamentare un disagio, durante il loro lavoro, per le condizioni di confort termico degli ambienti destinati alla vendita. Come nel caso dell’outlet di Vicolungo, le porte dei negozi rimangono infatti aperte su precisa indicazione della proprietà con conseguente scambio termico tra l’ambiente interno e esterno».

Dovana aggiunge: «Facciamo appello alle associazioni di categoria affinché avviino una campagna di sensibilizzazione rivolta agli esercenti finalizzata ad accrescere la consapevolezza a proposito dei comportamenti da adottare per contenere i consumi energetici prodotti dagli impianti termici di climatizzazione estiva ed invernale, importante fonte emissiva di CO2».

Piemonte la maggioranza di centro-destra a trazione leghista in Consiglio Regionale ha bocciato l’ordine del giorno che proponeva, analogamente a quanto fatto da diverse istituzioni in tutta Italia, di dichiarare l’emergenza climatica e ambientale e Dovana si rivolge proprio alla maggioranza che governa il Piemonte: «Dopo la pessima pagina scritta nei giorni scorsi dai partiti di maggioranza in Consiglio Regionale che sono riusciti a negare l’emergenza climatica, mettiamo alla prova concreta la Giunta e il presidente Cirio con una proposta puntuale e concreta: la Regione, coerentemente con gli impegni derivanti dall’Accordo di Parigi, promuova un lavoro di coordinamento dei Comuni affinché approvino delibere ed ordinanze che impongano di mantenere chiuse le porte di ingresso degli esercizi commerciali verso l’esterno o verso altri locali non climatizzati, ad eccezione del tempo necessario all’entrata e all’uscita dei clienti e del personale».

fonte:greenreport.it