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Ciclabilità urbana: Piacenza maglia rosa al Giretto d’Italia 2019. Sul podio anche Padova e Bolzano

Piacenza si è aggiudicata per la terza volta consecutiva, la maglia rosa del Giretto d’Italia, il campionato nazionale della ciclabilità urbana organizzato da Legambiente con il sostegno di CNH Industrial insieme a Euromobility – Associazione Italiana Mobility Manager e VeloLove, in collaborazione con le amministrazioni comunali aderenti. A seguire, conteggiando i numeri assoluti delle bici circolanti, troviamo Padova e Bolzano che completano così il podio dei comuni dove più persone usano quotidianamente la bici per andare a scuola o al lavoro.

Il Giretto – che come di consueto si è svolto nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità – ha un valore simbolico, sia per il poco tempo della rilevazione sia perché la diversità delle città in gara in termini di urbanistica, densità abitativa e dinamiche di traffico rende complesse le valutazioni. L’obiettivo è quello di rendere visibile il traffico ciclistico delle città italiane che normalmente non è misurato nelle indagini statistiche sullo stato della mobilità, fornendo quei dati sugli spostamenti in bicicletta da casa al lavoro, che però spesso mancano e invece sarebbero utili in sede di programmazione e pianificazione della mobilità urbana.

Legambiente spiega che «Il conteggio dei ciclisti, per causa maltempo in alcune città, è avvenuto tra il 19 e il 24 settembre scorso (un monitoraggio di due ore, nella fascia oraria 6-10), tramite appositi check-point allestiti in 24 città italiane che hanno aderito all’iniziativa e in particolare nelle immediate vicinanze delle aziende pubbliche e private, delle scuole e università. In totale, sono passati dai varchi 35.461 lavoratori o studenti che hanno utilizzato la bici per i loro spostamenti casa-lavoro o casa-scuola. Da segnalare Reggio Emilia con il maggior numero di check-point installati per i monitoraggi (20) seguita da Novara (17) e Torino (16). A Ferrara, Novara, Reggio Emilia e Piacenza la maggioranza dei ciclisti coinvolti è tra gli studenti (Università e altre scuole), mentre a Padova gli spostamenti più ingenti sono stati nell’intorno dell’Ospedale.

Il calcolo del numero di bici circolanti in proporzione agli abitanti residenti (tenuto sempre conto delle due ore di monitoraggio presso le postazioni allestite) restituisce, invece, una classifica leggermente diversa: se   Piacenza resta sempre salda al primo posto (4,5 bici conteggiate ogni abitante), sale invece Bolzano (3,6), mentre Fano si piazza terza (3); a seguire Novara (2,4), Padova (2,2), Reggio Emilia (2,1) e Pesaro (1,6). I check point più “trafficati” in assoluto dalle bici nelle due ore di monitoraggi sono stati a Piacenza, dove a Barriera Genova sono stati conteggiati 2.142 ciclisti complessivi; a Bolzano, presso l’Eurac sono passati 1.888 ciclisti e al ponte Talvera (bar Luce), 1.840; a Padova, al check point San Francesco Ospedale, sono passate 1.621 bici.

L’analisi dei numeri per valori assoluti ci racconta che a Piacenza sono stati conteggiati agli appositi varchi 4.716 passaggi di bici. Segue Padova con 4.573 ciclisti che pedalano per andare a scuola o al lavoro, poi Bolzano dove in 3.900 hanno scelto la bici per questi spostamenti. A Reggio Emilia l’iniziativa ha interessato 3.586 persone mentre a Novara i ciclisti passati ai check-point sono stati 2.497. Ravenna ha visto 2.397 passaggi, a seguire Ferrara con 2.054; Fano con 1.860, poi Trento (1.652); Pesaro (1.547); Torino (1.435); Brescia (1.124); Pavia (936); Palermo (629); Udine (340); Bologna (333); Jesi (295); Napoli (278); Carpi (272); Lecce (205); Riccione (204); Genova (196); Modena (125); Carmagnola (114).

Anche quest’anno, il Giretto d’Italia ha visto il sostegno e la partecipazione di CNH Industrial, leader globale nel settore dei capital goods che progetta, produce e commercializza macchine per l’agricoltura e movimento terra, camion, veicoli commerciali, autobus e veicoli speciali. In occasione del Giretto sono stati coinvolti 665 dipendenti in 12 città dove sono presenti gli stabilimenti italiani della società (Piacenza, Torino, Bolzano, Modena, Jesi, Brescia, Suzzara, Lecce, San Matteo, Foggia, Pregnana Milanese e San Mauro Torinese). Legambiente ringrazia, infine, tutti i volontari delle varie associazioni che hanno garantito il corretto funzionamento dei check-point.

Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, conclude: «Il successo del Giretto ogni anno ci racconta di un’Italia pronta a pedalare, come lo è nello spostarsi a piedi e con il trasporto pubblico quando l’auto diventa davvero l’opzione meno concorrenziale e dove c’è garanzia di sicurezza Promuovere una modalità di spostamento più sana e più sostenibile e ripensare le città e le strade vuol dire non solo ridurre traffico e smog, ma anche creare le premesse per un concreto miglioramento della qualità della vita urbana. Rendere sostenibile l’intero settore trasporti è la vera sfida della lotta ai cambiamenti climatici, visto anche l’impatto sempre più drammatico che questo settore ha in Italia. È possibile farlo subito, ma solo superando una visione incentrata sull’automobile privata e sui motori a combustione, per scegliere le innovazioni e integrazioni possibili tra la mobilità ciclabile ed elettrica, pubblica e condivisa. È un impegno che chiediamo sia al Governo nazionale che alle amministrazioni locali che devono saper cogliere e concretizzare la spinta che arriva dai loro cittadini».

fonte:greenreport.it

A Torino Po d’aMare e sperimentazione della prevenzione del river litter

Fiumi puliti per mari puliti e il Po con i suoi 652 km, 4 Regioni e 13 Province attraversate, è il corso d’acqua che meglio si presta a operazioni di raccolta, recupero e riciclo dei rifiuti di plastica, prima che arrivino al mare.  E’  con questo intento che è nato iprogetto Il Po d’aMare a Torino, evoluzione della precedente attività di intercettazione, raccolta e riciclo sperimentata nel delta del Po nel 2018.

Il progetto pilota realizzato grazie al contributo di Amiat, Iren e Corepla, è stato predisposto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, i Consorzi Castalia e Corepla con il Coordinamento dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e la collaborazione della Città di Torino e gli organizzatori fanno notare a chi ha criticato il progetto precedente che a Torino c’è un elemento strategico ulteriore: «E’ il primo caso di sperimentazione localizzata all’interno di un grande nucleo urbano. Le barriere infatti sono posizionate in zona Murazzi, proprio in prossimità del centro storico, fra i ponti Vittorio Emanuele I e Umberto I».

Il progetto torinese sarà curato Castalia Operations nell’ambito del progetto Seasweeper e prevede «l’installazione di un dispositivo composto da barriere galleggianti che consentono di raccogliere le plastiche e gli altri rifiuti galleggianti trasportati dal fiume. Il sistema è composto da due moduli progettati per restare posizionati fino a dicembre 2019. Le barriere non interferiscono con la flora e la fauna del fiume. Tramite un’imbarcazione “Sea hunter” e operatori da terra, i rifiuti verranno raccolti in appositi cassoni gestiti da Amiat, che provvederà a sua volta a conferire le plastiche presso un impianto Corepla che si occuperà della successiva valorizzazione dei materiali. Il materiale riciclato verrà quindi utilizzato per la realizzazione di arredi urbani che verranno regalati dai partner del progetto alla Città di Torino».

Inoltre, i risultati di questa seconda sperimentazione, inoltre, verranno confrontati con quelli ottenuti vicino a Ferrara. Castalia sottolinea che «Sarà così possibile valutare la fattibilità di un sistema nazionale di prevenzione dei rifiuti marini tramite sistemi di raccolta nei principali fiumi italiani e nel contempo la possibilità di creare una filiera virtuosa di riciclo e recupero delle plastiche raccolte».

La sindaca di Torino, Chiara Appendino ha ricordato che «L’abbandono dei rifiuti rappresenta un deprecabile malcostume che compromette la qualità di vita e il senso di sicurezza negli spazi pubblici, genera costi elevati per i servizi di pulizia e nuoce all’immagine delle località.  La sperimentazione di modalità innovative per liberare il Po dalla spazzatura, separando la plastica da altra immondizia e l’avvio di un processo di riciclo del materiale raccolto è una eccezionale opportunità per proteggere la salute di fiumi e mari. Torino punta a diventare un città plastic free e il Po d’aMare rappresenta anche un importante momento per sensibilizzare i cittadini nella difesa dell’ambiente naturale».

Christian Aimaro, presidente Amiat Gruppo Iren, ha dichiarato: «Ho fortemente voluto che questa sperimentazione si realizzasse qui a Torino, in un tratto in cui il Po attraversa il centro della città, di modo che l’iniziativa potesse ottenere la massima visibilità e contribuisse così a sensibilizzare cittadini, turisti e giovani generazioni su quanto siano importanti il rispetto dell’ambiente e la corretta gestione dei rifiuti. Sono orgoglioso che il progetto si realizzi proprio nell’anno in cui Amiat festeggia i 50 anni dalla propria costituzione e ritengo che la partecipazione attiva a questo importante progetto sia un’ulteriore testimonianza di come l’azienda e la città di Torino siano sempre disponibili a testare nuove soluzioni finalizzate a migliorare la qualità ambientale del territorio».

Renato Boero, presidente Iren Spa evidenzia che «Iren crede nella sperimentazione di soluzioni innovative finalizzate alla salvaguardia ambientale. Riteniamo che il sostegno a questa operazione sia non solo un’interessante opportunità per valutare nuove forme di raccolta e recupero dei rifiuti, ma soprattutto una straordinaria occasione di sensibilizzazione verso la popolazione, a cui possiamo così comunicare l’importanza dell’equilibrio ambientale, fra uomo, fiume e territorio, soprattutto in un contesto urbano, come quello di Torino, da sempre legato al Po e alla storia che esso rappresenta».

Il presidente Corepla, Antonello Ciotti, sottolinea: «Una corretta gestione dei rifiuti a terra è il gesto più importante per preservare i mari. Inoltre, la plastica raccolta in acque dolci è più facilmente riciclabile rispetto a quella raccolta in mare. La sperimentazione nella città di Torino vuole essere un ulteriore passo avanti “collettivo” di imprese, amministrazioni pubbliche e centri studi per una corretta educazione alla tutela dell’ambiente, per nuove attività di ricerca e sviluppo, per una reale circular economy».

Per Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po, «L’estensione del progetto Il Po d’aMare alla nuova area individuata a Torino – ci consente di incrementare ulteriormente il livello di informazioni essenziali per un esame affidabile e approfondito riguardante la presenza dei materiali plastici nel Grande Fiume. Ringrazio i partner e le amministrazioni locali che intervengono a questa nuova esperienza-modello che potrà trovare autentica dimensione anche in altre aree lungo l’asta fluviale del Po».

Andrea Barbabella di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, aggiunge: «Una iniziativa come Il Po d’aMare rappresenta anche un’occasione, specie se messa a sistema con altre iniziative, per comprendere meglio questo fenomeno a partire da domande apparentemente semplici: quanti rifiuti, sia plastici che non, trasportano i fiumi? Qual è l’origine di questi rifiuti? Quali sono le tecnologie migliori per il loro riciclo? Il percorso verso un’economia circolare ha bisogno non solo di soluzioni organizzative e tecnologiche innovative ed efficaci, ma anche di nuove e più solide conoscenze».

Lorenzo Barone di Castalia Operations conclude: «Il Consorzio Castalia ed i consorziati tutti, da oltre 30 anni operano per la salvaguardia del mare principalmente con interventi di contenimento da sversamenti di idrocarburi. Lo sversamento dei rifiuti solidi galleggianti in mare, compresi i materiali plastici, ha un vettore di trasporto principale con vari nomi propri, il fiume Po, il fiume Arno, il fiume Tevere, etc., ma come sorgente un unico e solo responsabile: il cittadino irresponsabile. Gli sversamenti da idrocarburi per la quale interveniamo, spesso sono dovuti ad incidenti con cause di origine variabile, non si può dire lo stesso per l’inquinamento da materiale plastico dovuto al trasporto da parte dei fiumi principalmente a seguito dilavamento delle sponde. Il nostro impegno continua, nella speranza che questo sforzo oltre a risultati di numeri, quantità di rifiuto raccolto prima che raggiunga il mare, possa sensibilizzare in modo adeguato i cittadini».

fonte:greenreport.it

Illuminazione pubblica sprecata e inquinamento luminoso, l’Italia sul podio europeo

In Italia il consumo di energia elettrica pro capite per l’illuminazione pubblica è il doppio di quello della media europea – 100 kWh l’anno a testa contro 51 kWh –, che si traduce in una spesa di 28,7 euro a testa, quando nei principali paesi europei la media è 16,8 euro e in Germania è di 5,8 euro: in altre parole spendiamo il quintuplo della Germania per tenere i lampioni accesi. Si tratta di soldi spesi bene o che nascondono sprechi, oltre che un importante presenza d’inquinamento luminoso?

Con una nuova analisi appena pubblicata, e basata sulla ricerca Light pollution in Usa and Europe: The good, the bad and the ugly, l’Osservatorio dei conti pubblici italiani indaga i flussi luminosi diretti verso il cielo (che, quindi, possono essere considerati flussi di luce sprecata perché non hanno effetti positivi sulla vita della popolazione e creano esclusivamente inquinamento luminoso) in rapporto alla popolazione e al Pil. Da entrambe risulta che «i paesi in cui la quantità di luce sprecata pro capite è più elevata sono Portogallo, Spagna e Italia», mentre i« paesi più virtuosi sono invece quelli dell’Europa centrale e orientale». Paradossalmente ma non troppo, dunque, «lo spreco di illuminazione pubblica non riguarda i paesi più ricchi. In altri termini, le regioni più ricche sono proprio quelle in cui si spreca meno corrente per illuminazione pubblica, mentre nelle regioni del sud Europa gli sprechi sono maggiori nonostante le peggiori condizioni economiche».

Un dato di fatto che si ripropone – pur con alcune notevoli eccezioni, in primis Napoli – anche riproponendo la stessa analisi sulle varie province italiane: nel 40% più virtuoso della classifica che ordina 1359 province europee secondo i flussi di luce sprecata pro capite, definita come luce che va verso l’alto non compare neanche una provincia italiana. La più “virtuosa” è Napoli, 567esima su 1359 province europee. Oltre Napoli, solo Bolzano (578esima) e Genova (660esima) stanno nella prima metà della classifica europea, mentre ben 58 province italiane su 110 (il 53%) stanno nell’ultimo 20% della classifica europea, e tra le meno virtuose compaiono Olbia-Tempio (1305esima), L’Aquila (1263esima) e Aosta (1262esima). Nonostante al primo posto in termini di minor spreco di luce per illuminazione pubblica Napoli (e Palermo sia al quarto posto), in generale le province del Sud sono però sottorappresentate nei primi posti della classifica, quelle del centro solo leggermente sottorappresentate e quelle del nord sono invece ampiamente sovra rappresentate.

In compenso, correggere queste distorsioni converrebbe a tutti: l’Osservatorio nota infatti che l’Italia nel 2017 ha speso 1,7 miliardi di euro per l’illuminazione pubblica, consumando 6.000 GWh, gli stessi di dieci anni fa, uno spreco che si tenta di tagliare (almeno) dal 2012 incontrando però sempre l’ostilità di Governo e Parlamento. Nel mentre l’Italia attende l’opportunità per tornare a riveder le stelle.

fonte:greereport.it

Il novarese protagonista della prima edizione di: “Terre d’Acqua tra riso e canali

E’ stata presentata giovedì 2 maggio la prima edizione di “Terre d’Acqua tra Riso e Canali”. Si tratta di un weekend di iniziative che dal 10 al 12 maggio 2019 permetterà una scoperta della storia della risicoltura e delle correlate ed importanti opere idrauliche che ne hanno permesso lo sviluppo intensivo, nell’area storica delle cosiddette “Terre d’Acqua” comprese tra Biella, Novara, Vercelli e nel Monferrato Casalese.
Questa iniziativa promossa Consorzio Ovest Sesia, in coordinamento con la Regione Piemonte e VisitPiemonte, potrà valorizzare un territorio ricco e di grande bellezza, nonché capace di riunire cultura, enogastronomia, outdoor.
Un’area vasta del Piemonte che, puntando su alcuni elementi caratterizzanti a partire dalla tradizione risicola e dal paesaggio, “il mare a quadretti”, può costituire un significativo punto di forza dell’offerta turistica regionale.
Il week end in programma prevede visite guidate alle imponenti opere idrauliche, spettacoli, convegni, rassegne cinematografiche, mostre fotografiche, itinerari cicloturistici e appuntamenti gastronomici.
Al canale Cavour che prende il nome da Camillo Benso conte di Cavour, tra i suoi più convinti promotori, è dedicata una serie di appuntamenti tra Vercelli, Novara e Biella. Capolavoro di ingegneria idraulica unico in Europa e tuttora in perfetta funzione, dal 1866 il corso d’acqua artificiale si estende nella Pianura tra Vercelli e Novara, irrigando per oltre 80 chilometri il triangolo d’oro della risicoltura compreso tra Piemonte e Lomellina, bacino dal quale proviene il 90% del riso italiano e il 50% dell’intera produzione europea.
Nel Novarese, la “terra degli aironi” tra Sesia e Ticino,le inziiative prevedono l’apertura straordinaria dell’Archivio Storico delle Acque e delle Terre Irrigue un itinerario cicloturistico lungo il canale Cavour “Terre di canali in tour” che offre a tutti i partecipanti un’esperienza attiva open-air adatta a tutte le età, arricchita infine dalla degustazione di prodotti tipici.
Nelle altre provincie coinvolte sarà proposto lo spettacolo “A la Fiera di Sant’Andrè, l’ apertura straordinaria con visita guidata delle architetture idrauliche delle Terre di Canale, seguita dal pranzo con menù tipico all’insegna del famoso cereale di questo territorio.
Nel Biellese, a Sandigliano i legami e le interazioni tra acqua e riso in chiave di sviluppo eco-sostenibile e risorsa ambientale sono al centro del convegno L’acqua l’oro del futuro e di diverse mostre sul tema.

Mise, gli incentivi alla geotermia tradizionale verranno inseriti nel decreto Fer 2

Si è concluso con l’apertura di spiragli positivi il tavolo convocato ieri al Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) sugli incentivi per la produzione di energia elettrica da geotermia, inaugurando il confronto con la Regione Toscana, il Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche (CoSviG) e i Comuni sedi d’impianto dopo l’incontro interlocutorio del marzo scorso. La geotermia è stata infatti esclusa dal rinnovo degli incentivi previsto nel decreto Fer 1 – ad oggi quelli dedicati alla geotermia vengono stimati dal Gse in 96,8 milioni di euro per l’anno in corso, circa il 2% di tutti quelli erogati alle rinnovabili non fotovoltaiche –, ma dal Mise hanno assicurato che ne verranno introdotti di nuovo all’interno del decreto Fer 2 in fase di elaborazione.

«La proposta illustrata ieri dal Mise è un buon punto di partenza che fa essere moderatamente ottimisti – commenta Emiliano Bravi, presidente CoSviG – Il sottosegretario Crippa ha dimostrato una positiva apertura al confronto, ma per arrivare alla soluzione finale il percorso è ancora lungo».

Il principale elemento di novità emerso ieri è che «la geotermia tradizionale verrà inserita nel Fer 2, ma per avere accesso agli incentivi – argomenta Bravi – dovranno esserci miglioramenti sotto il profilo emissivo e più in generale dell’impatto ambientale: da questo punto di vista il Mise ha preso la nuova legge toscana come punto di riferimento, a dimostrazione di come l’iniziativa della Regione sia all’avanguardia». Più nel dettaglio, dal ministero ritengono incentivabile sia la coltivazione della geotermia con totale reiniezione dei fluidi – dove tecnicamente possibile –, sia quella tradizionale dove sono possibili innovazioni che consentano il drastico abbattimento degli impatti ambientali (che già oggi vengono comunque regolarmente monitorati dagli enti preposti e non mostrano affatto dati allarmanti, come affermano sia dal Cnr sia gli ultimi studi scientifici condotti in materia).

Riguardo alla migliori tecnologie disponibili necessarie allo scopo «il Mise ha affermato di essere interessato, più che alle modalità, ad incentivare il raggiungimento dell’obiettivo finale, ovvero il miglioramento degli impatti ambientali – continua Bravi – Se ieri si è parlato, ad esempio di torri a secco, abbiamo voluto portare avanti una nostra linea, secondo cui, indipendentemente dalla tecnologia applicata per la geotermia tradizionale l’incentivo deve essere legato al risultato finale. Anche perché ogni tecnologia ha i suoi pro e contro: per le torri a secco ad esempio il guadagno sta nel profilo emissivo, ma, di contro, si ha un maggior consumo di suolo e rumorosità, oltre, naturalmente, al consumo di energia necessario per alimentare le ventole di raffreddamento».

Quello che porterà al decreto Fer 2 è dunque un percorso in divenire: «Per i prossimi step il sottosegretario Crippa ci ha informato di voler mantenere attivo il confronto solo con la Regione Toscana, ma come Consorzio abbiamo detto e lo ribadiamo oggi – sottolinea Bravi – che vogliamo essere protagonisti e partecipare, perché rappresentiamo l’anello di congiunzione tra la comunità locale e la Regione, e abbiamo ormai maturato un’esperienza trentennale che può essere utile a tutti per trovare la soluzione e gli equilibri migliori. Vogliamo che nel più breve tempo possibile le operazioni partano concretamente, perché dietro c’è un’economia che non è solo quella del player: personalmente non sono né pro né contro Enel, sono per lo sviluppo del territorio».

Uno sviluppo che troverà nei prossimi giorni una nuova e importante occasione di confronto nell’ambito del Consiglio regionale straordinario in agenda a Larderello per il 1 agosto: «Alla Regione e al presidente Giani che hanno accettato l’invito rivolto dai cittadini di GeotermiaSì va il nostro plauso, dimostrano attenzione alla comunità locale. Spero vivamente che tutti abbiano capito che la geotermia è una risorsa per i territori locali, per la Toscana e l’Italia intera. L’importante – conclude Bravi – è che si tratti di un Consiglio aperto al confronto e che ognuno metta da parte eventuali stilismi politici, da una parte e dall’altra: lottiamo tutti per lo stesso obiettivo, ovvero lo sviluppo di queste zone».

fonte greenreport.it

Cassonetti da incubo? Ecco come fare (bene) la raccolta differenziata della carta

L’economia circolare della carta è un’industria ben radicata nel nostro Paese, e in Toscana in particolare: in Italia vengono riciclate circa 10 tonnellate di carta ogni minuto, ovvero circa 5 milioni di tonnellate all’anno, e in questo processo virtuoso i cittadini che conferiscono negli appositi contenitori i propri rifiuti in carta e cartone rivestono un ruolo fondamentale. Perché l’avvio a riciclo prosegua senza intoppi è però indispensabile seguire poche ma importanti regole. Quali?

«Quotidiani? Riviste? Pubblicazioni su carta di ogni tipo? Raccoglieteli come vi pare, ma nel cassonetto – spiega Toscana Ricicla nella campagna di comunicazione realizzata insieme allo Studio A&C Comunicazione – ci va solo la carta. No cellophane, non sacchetti di plastica, no sacchetti di plastica biodegradabile. Se potete, raccogliete tutta la carta in scatole o sacchetti dello stesso materiale, così mettete tutto insieme».

Fare bene la raccolta differenziata fa la differenza! Scopri come nella prima puntata della nuova serie web Cassonetti da incubo, qui trovi il primo episodio: La buccia.

https://www.youtube.com/watch?v=5nMtq3WQt3k&feature=youtu.be

Giornata Mondiale del clima 2019 – 15 marzo

In centinaia di città, in tutto il mondo, venerdì 15 marzo si manifesta per richiedere azioni normative, politiche, produttive, urgenti e necessarie per contrastare un processo che altrimenti si prospetta inarrestabile. Tutti uniti in numerose iniziative!
L’urgenza è ormai nota: la crisi climatica mette a rischio la nostra sopravvivenza e gli attuali equilibri del pianeta. Milioni di persone in tutto il mondo ne stanno già subendo drammatiche conseguenze. L’allarme delle ricerche scientifiche ci avvisa che abbiamo pochissimi anni per evitare che il processo diventi irreversibile. Una crisi sistemica con la responsabilità̀ dell’uomo e dei modelli produttivi che continua a proporre.
E tutti possiamo aiutare l’ambiente. Le soluzioni per produrre energia pulita esistono già: energia solare, eolica, idroelettrica, geotermica,… ma è importante sfruttarle di più. RISPARMIARE ENERGIA. Le nostre case sprecano molta energia, possiamo ridurre i consumi con nuove tecnologie usando le lampadine a basso consumo (fluorescenti o a LED), i rubinetti con i rompigetto che permettono di sprecare meno acqua, elettrodomestici a basso consumo energetico di classe A+++, le finestre con doppi o tripli vetri, o installando pannelli solari sul proprio tetto e perfino mettendo un cappotto alla casa. USARE I MEZZI DI TRASPORTO MENO INQUINANTI. È sicuramente meglio cercare di usare meno l’automobile, la moto e l’aereo, scegliendo di andare in treno, utilizzare i mezzi pubblici, la bicicletta o andare a piedi… RICICLARE I RIFIUTI CHE PRODUCIAMO. Produrre un oggetto richiede l’uso di molte materie prime, di tantissima energia e produce gas serra. È quindi necessario non utilizzare prodotti “usa e getta” come i piatti e le posate di plastica e imparare a riciclare i rifiuti, dai quali si possono produrre nuovi oggetti. CAMBIARE LE ABITUDINI ALIMENTARI. La produzione di cibo è responsabile di oltre un quinto delle emissioni di gas serra. È importante comprare prodotti locali, mangiare frutta e verdura di stagione e non comprare l’acqua in bottiglie di plastica.
A Novara l’appuntamento è per venerdì 15 marzo, alle 15 in piazza Matteotti dove un gruppo di giovani attivisti organizzerà, per quel giorno, una manifestazione con esperti e dibattiti dedicati al tema del clima.

DGR n. 239/2018 Regione Lombardia verifica rischio idraulico

Con Delibera n. 239/2018, in attuazione del PAI del bacino idraulico del Fiume PO, la Regione Lombardia ha approvato le disposizioni sulle verifiche del rischio idraulico applicabili gli impianti esistenti di trattamento delle acque reflue, di gestione dei rifiuti e di approvvigionamento idropotabile ricadenti in aree interessate da alluvioni.

Per EUROPROGETTI l’acqua è stata, sin dall’inizio della propria avventura imprenditoriale, il cuore della attività, consapevoli che sia tra le più importanti risorse da salvaguardare, preservare ed utilizzare in maniera sostenibile e razionale.

Europrogetti  da più di 20 anni leader del settore, sarà lieta di supportarvi nelle richieste idrauliche di tale norma permettendo di partire da un analisi dettagliata del sito al fine di verificarne l’inclusione o meno negli ambiti territoriali individuati dalla DGR e in caso positivo un approfondito sistema di valutazione ed analisi idraulica come dettato dalla norma.

 

Per informazioni contattateci al 0321 455100 e all’indirizzo email posta@europrogetti.eu.

Piano di emergenza per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti

Con la legge 01 dicembre 2018, n. 132, che ha apportato modifiche e convertito in legge il decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113, è stato introdotto l’obbligo di elaborare un piano di emergenza per gli impianti di trattamento dei rifiuti, assolutamente a prescindere dal regime autorizzativo e dalle caratteristiche o dimensione degli impianti. L’obbligo è posto in capo ai gestori di tutti gli impianti di lavorazione e stoccaggio dei rifiuti.

Inserito tra altri argomenti disparati e avulsi, l’art. 26-bis introduce obblighi relativi al Piano di emergenza interno per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti. In base a questa disposizione i gestori di questi impianti, esistenti o di nuova costruzione, hanno l’obbligo di: predisporre un piano di emergenza interna entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore, ovvero entro il 4 marzo 2019, trasmettere al prefetto competente per territorio tutte le informazioni utili per l’elaborazione del piano di emergenza esterna.
Di conseguenza il Prefetto, d’intesa con le Regioni e con gli Enti locali interessati, predispone il piano di emergenza esterna all’impianto e ne coordina l’attuazione.
Il piano di emergenza interna da sviluppare entro il 4/3/2019 ha lo scopo di:

  1. controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l’ambiente e per i beni;
  2. mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti;
  3. informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;
  4. provvedere al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante.

Poiché, però, il tempo dato è molto limitato (4/3/2019), è possibile che non giungano chiarimenti per tempo. In tal caso è possibile fornire alcune indicazioni preliminari:

  1. - Il gestore di un impianto di stoccaggio o lavorazione dei rifiuti redige un PEI entro il 4/3/2019
  2. - L’obbligo non si applica alle discariche
  3. - Il PEI contiene almeno l’indicazione dell’organizzazione della gestione emergenze, dell’organizzazione della comunicazione emergenze, degli scenari incidentali prevedibili e delle misure per affrontarli (schede di intervento)
  4. - Gli scenari credibili saranno quelli che possono dar luogo a un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o l’ambiente all’interno o all’esterno del sito
  5. - Occorre mettere in atto un’organizzazione che permetta di riesaminare, sperimentare e aggiornare il PEI con la consultazione del personale interno e delle imprese subappaltatrici a lungo termine, con periodicità almeno triennale
  6. - Occorre trasmettere alla Prefettura, indicativamente entro il 4/3/2019 o immediatamente dopo copia del PEI redatto, oppure un estratto da cui emergano l’organizzazione aziendale e gli scenari incidentali previsti.

EUROPROGETTI, grazie alla presenza in azienda di tecnici altamente specializzati nell’ambito dei rifiuti e della sicurezza antincendio può offrirvi un piano calibrato sulle specifiche necessità permettendo di ottemperare ad un obbligo normativo, ma nel contempo anche di migliorare fattivamente la sicurezza antincendio della vostra struttura partendo dalle specificità del Vostro luogo di lavoro e potendo, grazie al team multidisciplinare, considerare, comprendere ed analizzare tutte le possibili tematiche concatenate alle Vostre esigenze di lavorazione.
Per informazioni contattateci al 0321 455100 e all’indirizzo email posta@europrogetti.eu.

Definitivamente abolito il sistema di tracciabilità dei rifiuti – Sistri

Con la conversione in legge del Decreto Legge “Semplificazioni” è stato definitivamente abolito il sistema di tracciabilità dei rifiuti – Sistri.

Contestualmente, è stato istituito il «Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti», le cui modalità di funzionamento e sanzioni saranno definite con un apposito. Saranno tenuti all’iscrizione a questo registro:

  • Produttori di rifiuti pericolosi
  • Rifiuti non pericolosi: tutti i soggetti dell’art.183 co.3 D.Lgs.152/06 (quindi produttori pericolosi + produttori non pericolosi da attività artigianali, industriali e da trattamento rifiuti, esclusi produttori iniziali < 10 dipendenti)
  • Enti ed imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti
  • Enti ed imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale
  • Commercianti o intermediari di rifiuti pericolosi
  • Consorzi recupero / riciclaggio

Per il funzionamento del registro è prevista la corresponsione di un diritto di segreteria per l’iscrizione e di un diritto annuale, i cui importi saranno definiti sempre tramite DM. Come già definito in seguito all’abolizione del Sistri, fino a piena operatività registro si applica il D.Lgs.152/06 nella versione antecedente il D.Lgs.205/2010 (introduzione Sistri), comprese le sanzioni. Pertanto dal 1° gennaio 2019, data dalla quale parte l’abolizione del Sistri, i soggetti prima obbligati all’utilizzo del sistema dovranno applicare, come di fatto comunque già avveniva, le consuete modalità gestionali (formulari d’identificazione dei rifiuti, registri di carico e scarico e mud), anche in formato digitale come previsto dall’art.194-bis.